lunedì 7 ottobre 2019

sono in esilio

Sono in esilio. Costretto dalla ingordigia e dalla voluttuosa insipienza del sé. Di adoratori degli olocausti. Da cui trarre profitti e fantasiose attese. Di immortalità dei propri sensi.
Sono in esilio. In un esilio rovescio. A valle. Del massiccio Taburno.
Un esilio rovescio. Per il tragitto che da Vitulano. Ove nacque. Mio padre compì a 4 anni. Orfano sul Carso nel 1917. E, Incarcerato nel collegio. A Napoli.
Non potevo. Scegliere esilio diverso. Per ricongiungermi a lui. Che evocava le sue scorribande sulle sponde del Calore. O. Veniva a salutare il padre. Ormai ignoto. Tra i militi ignoti. A Benevento. Mentre insegnava matematica. Alternando equazioni ai versi di Orazio.
Non potevo. Scegliere esilio diverso. Per quella discordanza di esperienze. Indagate e praticate. Che è pungolo a similitudini. Intese a riflessioni atroci. Sul dovere di coerenza.
Camminamenti della consapevolezza. D’intorno alla coscienza.
Vorrei. Nell’esilio rovescio. Pure stanco. Nell’età che si fa tarda. Confidare in colloquianti. Per le mie peregrinazioni. Verso l’ignoto