Sono in esilio. Costretto dalla ingordigia e
dalla voluttuosa insipienza del sé. Di adoratori degli olocausti. Da cui trarre
profitti e fantasiose attese. Di immortalità dei propri sensi.
Sono
in esilio. In un esilio rovescio. A valle. Del massiccio Taburno.
Un
esilio rovescio. Per il tragitto che da Vitulano. Ove nacque. Mio padre compì a
4 anni. Orfano sul Carso nel 1917. E, Incarcerato nel collegio. A Napoli.
Non
potevo. Scegliere esilio diverso. Per ricongiungermi a lui. Che evocava le sue
scorribande sulle sponde del Calore. O. Veniva a salutare il padre. Ormai
ignoto. Tra i militi ignoti. A Benevento. Mentre insegnava matematica. Alternando
equazioni ai versi di Orazio.
Non
potevo. Scegliere esilio diverso. Per quella discordanza di esperienze. Indagate
e praticate. Che è pungolo a similitudini. Intese a riflessioni atroci. Sul
dovere di coerenza.
Camminamenti
della consapevolezza. D’intorno alla coscienza.
Vorrei. Nell’esilio
rovescio. Pure stanco. Nell’età che si fa tarda. Confidare in colloquianti. Per
le mie peregrinazioni. Verso l’ignoto.