Osservo una odierna fase di
emigrazione/immigrazione che, nei prossimi 100/150 anni, si porrà come graduale
“viceversa”.
In sintesi: l’Europa diverrà territorio
degli odierni migranti extracomunitari (genericamente, africani-subsarahaiani)
e l’Africa territorio dei futuri migranti europei.
Non potrà essere diversamente. Tenendo
conto dei fattori climatici e geotermici, demografici, economici. Non disgiunti
ai livelli culturali e preparazioni tecniche/scientifiche delle popolazione
migratorie. Quelle odierne e quelle future.
La percezione discende da fattori
causali e determinanti che possono essere individuati in:
a) aumento della temperatura del pianeta
con conseguente innalzamento del mare -previsto in 85-110 metri- con
retrocessione delle coste; quindi, con perdita di territori abitati e
abitabili – specie di centri urbani ad alta densità abitativa-, oltre,
soprattutto, depauperamento storico/ambientale (con “più nessuna storia
dietro le spalle”) e, quindi, perdita/abbandono della identità
di stirpe territoriale
b) progressivo decremento demografico
delle popolazioni europee ;con collaterali liberazioni di spazi residenziali;
quindi, con stanzialità progressivamente crescenti, da parte degli
odierni migranti extracomunitari
c) determinazione -da parte degli
esistenti poteri europei di influenza e gestione delle risorse- a
mantenere i domini nell’utilizzazione di esse ai fini di una tecnologia
sempre più avanzata, nelle sperimentazioni e nelle applicazioni -in specie, in
sede industriale e sanitaria-
d) oggettiva valutazione delle
sussistenti differenze -su erudizione, su speculazione teorica, su ricerca
scientifica ed applicazione tecnologica- tra le popolazioni europee e le
popolazioni africane (realisticamente, non compiutamente sanabili in 2 o 3
generazioni) unitamente a comparti sociali marginalizzati; così che la “nuova
Europa” esprimerebbe il confino -come manovalanza soggiogata all’esclusivismo
tecnologico- di masse etnicamente eterogenee.