Di casualità o di
pretesti salvifici, trascendenti o edonistici (ovvero di entrambi; dalle strutture tribali alle più complesse aggregazioni sociali), si è vivificato l’accentramento, escludente,
delle categorie (o classi) dominanti . Anche con tumulti di viceversa che hanno
alterato il precedente. Plasmandolo sui privilegi/prerogative acquisiti.
Avvenimenti quali
le “le sette vacche grasse e le sette vacche
magre”, la piccola glaciazione , le dispute religiose, le epurazioni dottrinarie: tutte, hanno
stimolato, su provocazioni, incontrollabili o indotte, epocali slittamenti delle pregustate previsioni del dominio uomo
su uomo.
Se non si sottace la
ciclicità dei percorsi e della destinazione della natura vivente (in solo
giorno un formichiere elimina, dalla specie delle formiche, 300.000 unità) si può ben considerare
l’inapropriatezza dei tremiti e delle paure
e dei pianti a fronte di una parzialità di perdita demografica della
nostra specie.
La specie. Il predominio
reiettato, mistificato, della umana consapevolezza vitale.
Per la continuità della
presenza planetaria nulla muterebbe
finanche con la scomparsa di oltre sette
miliardi di individui. Grave, di contro,
sarebbe la scomparsa totale per categorie di conoscenza. Ovvero la estinzione
di lignaggi etnici e culturali.
Il tema è ampio. Con
implicazioni dei rapporti generazionali, dei filari genetici. Quindi, del se in
lutto. Nelle angosce di privazione delle certezze individuali di protezione
sentimentale. Nelle paure delle assenze (ma chi soffre l’assenza dei
trisnonni?)
L’uomo si stordisce di
fronte alle emorragie di morte. Pure, mentre,
invoca e rinnega -rinnega e invoca- gli agghiacci che riflettono la sua storia. Nella
pratica delle necessitazioni salvifiche
o edonistiche: il “il fuoco dell’inferno”, le persecuzioni, i genocidi, le macellerie di guerra.
Nella politica, come intesa, e nella geopolitica, come
articolata –entrambe ieri, oggi viepiù-
la messa in schiavitù di grandi masse
(utili agli equilibri dei gruppi
dominanti -o ai viceversa- ) prolifica su una melassa di ansie terrifiche.
Valutando. Anticipando.
Perseguendo. Finalizzando. Gestendo.
Tra simulazioni e
dimostrazioni (nessuna congettura è
impenetrabile) si apprestano pasti di panico.
Utili ai nascondimenti di strategie di modificazione degli assetti
socio/istituzionali conseguenti al progressivo transito da una società
post-industriale ad una società ad alta
tecnologia, in divenire.
Occorrendo la
espropriazione, l’impossessamento, il dominio sui beni materiali e sui bisogni delle masse. Con
lo strumento del panico per scenari apocalittici senza redenzioni. Verso il
niente.
Elaborando teoremi di
salvezza che implicano o prelievi di risorse organizzati e gestiti dai governi o,
comunque, l’eccitazione ad una autonoma depauperazione
dei possessi, da parte di ciascuno, per l’investimento su una speranza di
sopravvivenza.
Cessioni,
indebitamenti, annullamenti dei minimi vitali.
In un vortice di appropriazioni
legittimate. Di desolazioni di possibilità per gli umili.
Deflagra il mondo delle
felicità. E il vortice si volge al rastrellamento
di una nuova schiavitù. Beneficiata di speranze. Ma, mutilata di bisogni .
Una brillazione
geo/politica si pone al fine di riversare le masse in recinti di olocausti.
Il momento è propizio.
L’occasione ne giustifica gli adempimenti solutivi.
L’atroce inganno piega
e piaga consapevolezze. Tutto è confuso. Perché tutto vi precipiti.
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